Il passato non si dimentica
Gennaio 2020. Poche settimane prima che il Covid costringesse al lockdown metà della popolazione mondiale, l’Unione europea approvava definitivamente il Green Deal. Un piano, fortemente voluto dalla Commissione europea nata dopo il voto del 2019, che avrebbe dovuto caratterizzare tutta la politica del Vecchio Continente all’insegna dell’ecologia, della sostenibilità, della transizione dell’economia verso un mondo “più verde”. Poi, ovviamente, la tempesta pandemica – a cui si è aggiunto il rincaro delle materie prime e dell’energia – hanno fatto scivolare in secondo piano l’obiettivo. Che però è ancora essenziale.
I nuovi parametri della sostenibilità
La crisi economica e sociale scatenata dal Covid ha posto numerosi interrogativi sulle possibili conseguenze sulla transizione verso l’economia circolare. Per esempio, l’abbandono delle fonti fossili quanto pesa sulle tasche dei cittadini? Oppure, è giusto chiudere alcune produzioni (come il motore a scoppio), mettendo in difficoltà intere filiere e centinaia di migliaia di posti di lavoro, per passare ad altro (per esempio, l’auto elettrica), la cui componentistica viene oggi prodotta essenzialmente in Cina? Tuttavia sono domande superficiali. Proprio il Covid, come anche i problemi successivi alla riapertura dei traffici commerciali, hanno infatti reso evidente la necessità di correggere gli squilibri e gli eccessi del sistema economico. E di virare, invece, verso modelli che prendano in maggiore considerazione salute e benessere, delle persone e del pianeta.
L’economia circolare è un’agenda per il clima. Contro le catastrofi naturali
Deforestazione, urbanizzazione, alluvioni, scioglimento dei ghiacciai, per esempio, possono essere fonte di diffusione di nuovi agenti patogeni e, quindi, nuove pandemie. Gli impegni assunti finora per combattere il cambiamento climatico non bastano, visto che rimanendo con gli obiettivi attuali la temperatura media aumenterebbe di 3,2 gradi entro la fine di questo secolo. Cina e Stati Uniti hanno dichiarato di voler arrivare a zero emissioni nette all’incirca alla metà di questo secolo, ma non si sono poste posto vincoli formali. Comunque, non sarebbe abbastanza per raggiungere i target di Parigi (che puntano a limitare l’aumento delle temperature fino a 2 gradi), sforati i quali però assisteremmo ad un sensibile incremento di eventi metereologici estremi, con gravissimi danni in termini di vite umane, ma anche economici e sociali.
La strategia delle Nazioni Unite
L’Onu ha fatto il quadro e identificato una serie di strategie per tenere l’aumento delle temperature medie dentro i 2 gradi. Il 70% di tutte le emissioni sono generate da “nuovi beni”, con un consumo totale di 100Gt, di cui solo l’8,6% proviene dal riciclo. Le strategie puntano a ridurre l’uso di risorse a 79Gt (-20%) e ad un aumento del riutilizzo da 6,8Gt a 17Gt (+150%).
Questi due anni pandemici, col il loro corollario di guerra, non devono allontanarci dalla visione complessiva. Bisogna preservare l’ambiente, per il pianeta e per noi stessi. Nessun cambio di paradigma arriva senza un supporto ampio e diversificato e, come questione primariamente economica, l’economia circolare riguarda industria e aziende. Ma i governanti devono agire, per esempio trasferendo gli incentivi verso ciò che è “sostenibile”. alle catene del valore. Per questo tutti noi, la società, deve continuare a sostenere queste esigenze, invocando il cambiamento. E ognuno di noi, nel proprio piccolo, deve agire con coscienza.
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Il nostro focus, in sintonia con il Gruppo Fiori, è esplorare l’economia circolare dei metalli attraverso molteplici punti di vista e approfondimenti, con un tono tecnico, oggettivo e divulgativo. Parliamo soprattutto di metalli e mercati, ma anche di sostenibilità e ambiente, innovazione e tecnologia.
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